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mercoledì 24 aprile 2013

La parola come forgiatrice di materia, al pubblico il lavorarla


"Vi scongiuro fratelli, restate fedeli alla terra"
F. Nietzsche


Cantare e forgiare la creazione, nello stesso momento i due istinti creatori dell'uomo prendono forma. Essere creatore di creazioni, facoltà umana di sentirsi vivi. Uomo e dio allo stesso tempo.
Sarebbero sufficienti queste poche righe per entrare nel cuore della serata proposta da James Fontaine, poeta, Thémo Benacer, scultrice, e dai musicisti Nell Sin e Thomas Stabile. Gli artisti, in occasione del Printemps des Poètes, hanno elaborato, alla Fondation Carzou di Manosque, uno spettacolo dove le parole erano messe in musica e ispiravano la sapiente mano della scultrice Benacer. Durante il corso della narrazione poetica, la loro capacità, all'unisono, di esprimere le forme della loro potenza creatrice ha polarizzato l'attenzione del pubblico.
Simultaneamente i versi, le note musicali e la terra-argilla si sono mescolati, durante questa serata, per dar luogo a un corpo, un corpo unico. Ogni parola componente una poesia, ogni nota fatta vibrare e ogni granello di materia modellato, contribuiva alla creazione esteriore, obiettivo sensoriale del fare arte.
Un'opera d'arte raggiunge il suo scopo quando rinasce nello spettatore, segnata dal vissuto di questo. L'occhio, l'udito, lo spirito del pubblico, stimolato ininterrottamente, contribuivano a questa rinascita.
Il pubblico é stato parte integrante della scena, faceva lo spettacolo, o meglio, generava in lui stesso la sua propria opera.
Il fine dell'arte é quello di proporre delle emozioni da lavorare, e gli artisti hanno restituito questo senso al fare artistico. Hanno proposto delle idee, hanno dato delle sensazioni da interpretare e a far rinascere. Il pubblico, stregato, ha giocato il proprio ruolo seguendo le sensazioni ritmate dalle parole, dal suono...e la materia ha preso una nuova forma.
I versi di James Fontaine, sempre minimali in ragione di una poetica essenziale, povera come semplice e puro é il primo sguardo di un uomo stupito della vita, sono risuonati come delle parole d'ordine. Queste ultime portavano il pubblico, accompagnato dalla mano della scultrice e dalla voce degli strumenti, verso una riflessione sul valore della materialità della parola, sulla sua potenza creatrice, spesso dimenticati nella società del parlare senza dire.
Questo spettacolo, o meglio questo atto teatrale, ha vinto la scommessa : la parola come ragione d'agire e, come scrive Fontaine, « il gesto come argomento », hanno ripreso, per una sera, il loro posto.

Marco Caccavo



  

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