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domenica 12 agosto 2012

Testo critico de "Le città (in)visibili", III edizione di Terra di Sud, Molfetta, 10-19 Agosto 2012



La città, intreccio di strutture architettoniche ora regolari, ora compenetrate le une nelle altre, ma anche abitato delle comuni pulsioni sociali, é il locus, luogo e placenta, del vivere in società. L'agglomerato urbano, entità non meramente geografica, ma maggiore crocevia dell'esistenza, offre una doppia sfaccettatura.
La prima, d'immediata e sensuale fruzione, é la bellezza delle forme regolari o confuse, frutto dell'ingegno e della contaminazione culturale dell'artista dell'abitare; la seconda, di ragionato e più intimo coglimento, contempla la pulsione spirituale nella quale la materia abitata é immersa. Talvolta accade, in virtù di particolari ed inaspettate disposizioni d'animo, d'esser permeati da sconosciuti impulsi sensoriali che rendono sorprendente il fare due passi in città. Se il sopracitato stato permane, risulterà allora evidente la dualità dell'idea stessa di città.
Quel che si vede sarà rimando a ciò che é stato o che sarà, il visibile diventerà invisibile e il di oggi cittadino avvertirà il suo passaggio nell'urbano come un solco tracciato nel segno del perpetuo viaggiare della razza umana. Ogni porto, sarà il suo porto, ogni Cattedrale sarà la sua e ogni città parlerà la sua propria lingua. D'altra parte, come potrebbe esserci differenza di linguaggio nello stesso pulsare del cuore di due cittadini? In cosa potrebbe differire l'aspirazione al vivere in comunità di un uomo da quella di un altro suo simile?

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Alberto de Gennaro coglie momenti di urbana condivisione che avvicinano sorprendentemente l'Oriente all'Occidente, socialità che in città ha occasione di raccogliersi ad ogni momento, avendo, per esempio, il sacro come collante, come Barbara Rotella suggerisce. Ma la città invisibile che é stata, ancora lo é nel presente, tramite la traccia di un passaggio, momento, qui, fissato dal fotografare di Felice de Stena e di Marco Buccione. La traccia, posta ai bordi delle strade, intese come luogo del mercanteggiare e d'interazione sociale nell'opera di Daniela Defazio, testimone sostanziale di quel che é stato, é il tema indagato dalle poubelles trouvées di Emine Akbucak che fissa in uno scatto quel che ora é il superfluo, oggetto e simbolo della dinamica d'uso propria dell'umano, di quella umanità che sfugge e si dissolve nel momento stesso in cui é, icona della fallacia catturata dagli scatti di Domenico Mortellaro e di Mariella Soldo. In città, ogni abitante parla di sé e del suo vissuto, l'unico linguaggio col quale si intendono i cittadini é quello del vivere insieme e le notizie passano di bocca in bocca, da portone a portone e ognuno legge di sé nell'altro in maniera orizzontale, come suggerisce Francesco Ricci. Il vissuto del veterano dell'urbano si riversa nel novizio, la linea tracciata da chi é stato non deve che essere percorsa da chi ora é, in una silente melodia metropolitana, come propone il lavoro di Nicole Depergola. Il vissuto, il vivente, ha bisogno, per tramandarsi, di un ambiente che ben lo contenga, di un contenitore a propria custodia, come testimoniano gli scatti di Danilo Ursini. In città tutto é segno comunicativo e geometria di possibilità relazionale, come illustra Daniele de Gennaro. Il vivere in città é sempre una relazione d'animo con l'ambiente circostante, una felice immersione nel fluire delle cose, filo conduttore del lavoro di Antonio Capurso e Mauro Germinario. Nel flusso del vivere in comunità, ora lento, ora dinamico, anche la sorpresa e il sorprendersi giocano un ruolo essenziale. L'incontro con gli scatti nella galleria dell'urbano en plein air, rubati da Jo de Vincenzo, lo provano. L'esser cittadino vuol dire relazione critica e problematica con le proprie mura delimitanti, come evidenziano Maura Ghiselli e Roberto Lusito. Il sentire la città, percepire il suo animo e la sua struttura fisica, é sempre un confronto col geometrico, scheletro e struttura portante dell'abitare, qui indagata da Onofrio Depalma, e con la sostanza materica, atomo ed essenza del costruire, plasmata a immagine della volontà del costruttore, come suggerisce il reportage della temporalità del vivere di Vicky Depalma. La geometria dell'abitare é il muto interlocutore del cittadino. Talvolta, la materia pare afona, asfittico contenitore di stanca carne umana, qui presentato dal lavoro di Angelo Ruggiero, talvolta sembra pulsare di vita sensuale, come quella espressa dagli scatti di Fabiana Mastroianni e Gianluca Onnis. La materia di città é riflesso del vivere in città, ma anche materia vivente in sé, perfetta armonia degli elementi strutturali che parlano d'amore per la forma, per la solitaria e regale bellezza presente negli scatti di Maria Patruno e Ruggiero de Virgilio, per la silente ed elegante semplicità del vivere, fragile e preziosa come suggeriscono Domenico La Forgia e Michela de Pinto. Come mutevole é l'esistenza, così lo é anche la città, manipolata e mai uguale a se stessa, città reale, struttura statica, ma resa malleabile e fluida dal sogno di un vivere immaginato, essenza delle opere di Annamaria Frascella e Luisella Gandini. La città sognata e plasmata dall'animo dell'abitante riserva sorprese, nuove traiettorie esistenziali da percorrere che sono qui ed ora, in attesa di essere toccate e percepite, come indica Stefania Piccioni. E allora, quando si é ormai immersi nel fluire del sorprendersi, quando nulla più é estraneo alla dimensione cittadina, quando ogni distinzione di lingua o cultura decade, quando ogni porto, diventa il proprio porto e ogni Cattedrale, la propria Cattedrale, e finalmente ogni città diventa propria, nulla stranierà il cittadino del mondo; e l'inaspettato, qui colto dall'opera di Emma Vitti, sarà investito dalla volontà di essere conosciuto e toccato sinesteticamente, disvelato e indagato eticamente, e, allora, ritrovando noi stessi nel sorprendente altro, non potremo che gioire del piacere fisico ed intellettuale d'una ritrovata felicità della condivisione, del vivere assieme per la comunità, per la città e, quindi, per noi stessi.

Marco Caccavo
2012



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